Diego Benecchi – Avvocato di Strada: cittadinanza attiva!

 

Un’idea e un impegno realmente progressista nella comunità non può evitare di porsi la questione dell’inclusione e della difesa dei diritti delle fasce più deboli di popolazione come punto centrale nella propria agenda d’intervento e di impegno civile. Non porre questa attenzione, in un momento storico dominato dalla mobilità a tutto campo delle persone e delle culture, significa non solo rinunciare a essere soggetti attivi dei grandi cambiamenti in atto, ma evidenzia anche una ridotta sensibilità democratica e sociale.


Ospitiamo sulla home page di Nuovamente contributi che presentano e raccontano l’esperienza di Avvocato di Strada, che, nata a Bologna, è un progetto che è saputo diventare un punto di riferimento nel panorama nazionale – come testimoniano gli sportelli aperti a Bolzano, Ferrara, Verona, Padova, Bari, Foggia, Trieste e Venezia, ora uniti in un Coordinamento nazionale.


Uno fra i primi itinerari progettuali in cui Nuovamente si è impegnata, pochi mesi dopo la fondazione, è stata la collaborazione con Piazza Grande nella preparazione e nella presentazione pubblica di Avvocato di Strada, nel dicembre del 2000. L’impulso che correva fra noi, e che ci aveva spinti a cercare in una nuova forma associativa una risposta alla crisi di partecipazione costruendo innovativi spazi per la partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini alla vita della comunità e alle scelte di intervento pubblico, era dettato dalla constatazione di come gli spazi tradizionali della rappresentanza siano dominati da equilibrismi, tatticismi, giochini politici che poco hanno a che fare con la quotidianità e con la crescita comune della popolazione di una città. Spazi che sono troppo spesso negati nel caso delle fasce relegate ai margini dello scambio sociale, tutt’al più consegnate al solidarismo, alla cultura dell’assistenza della tolleranza.


Avvocato di Strada rappresenta un soggetto ricco di una specifica valenza che è civile, sociale e politica al tempo stesso, e che risulta tanto più esemplare in una fase storica come la presente, nella quale l’azione delle diverse istanze amministrative – a livello nazionale come a livello locale – si dibatte in una sorta di cortocircuito nel quale la presenza mediatica, spesso costruita su artificiose contrapposizioni di principio, ha di gran lunga la meglio sull’effettivo impegno di governo di una società sempre più complessa e frastagliata.


Nuovamente sta spendendo da tempo una parte importante delle proprie energie e della propria elaborazione, con l’obiettivo di contribuire alla discussione collettiva sui nuovi confini della cittadinanza al crepuscolo del paradigma degli Stati nazionali e della centralità dell’appartenenza etnica come criterio di inclusione nella comunità. Purtroppo, come ha modo di sottolineare Antonio Mumolo nel suo intervento, spesso le istituzioni e i cittadini stessi improntano a rigidità e ad atteggiamento difensivo la propria relazione con il soggetto che esula dal modello corrente di normalità, privilegiando la colpevolizzazione rispetto alla comprensione, il rigore burocratico-giuridico all’elasticità richiesta da bisogni sociali sempre più complessi e poliedrici – soprattutto in questo periodo di erosione dei margini di sicurezza del tradizionale standard di vita di categorie sempre più ampie.


Accanto all’azione continua e coerente per la riforma della pratica politico-amministrativa delle istituzioni, allora, è necessario impegnarsi per fornire ai soggetti deboli gli strumenti perché possano “agire” la cittadinanza, perché siano posti in condizioni di consapevolezza dei propri diritti e della propria dignità: non c’è diritto, infatti, laddove la sua conoscenza è negata a colui che ne è portatore. Oltre a questo, occorre alimentare i circuiti alternativi di scambio e di interrelazione fra marginalità e impegno civile. Penso alle associazioni, che si giocano nello sforzo di costituire esperienze di inclusione, di auto-aiuto, di sostegno diverse dal semplice rapporto verticale fra individuo e istituzione. Penso alle cooperative sociali, che si sono ampiamente dimostrate in grado di gestire il disagio e favorire processi di reinserimento professionale degli homeless come dei carcerati in regime di semilibertà e degli ex detenuti. È a tutti questi soggetti che occorre rinnovare la propria attenzione con l’obiettivo di contribuire alla crescita degli istituti partecipativi e della cittadinanza diffusa. Avvocato di Strada rappresenta, in questo senso, un’esperienza di primo piano che Nuovamente è orgogliosa di avere incrociato sulla propria strada, nella convinzione che sia anche questo, assieme ad altri, il percorso che siamo chiamati a compiere.

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