FERMOGUERRA – Da Oriente a Occidente in ogni punto e divisione

Premessa

Dopo l’11 settembre ho cominciato a scrivere brevi pensieri e/o citazioni, pubblicati quotidianamente sul Domani di Bologna, per circa un anno, adesso raccolti in questo volume. La guerra manda in pezzi l’immagine del mondo in cui di solito ci riflettiamo (e che si riflette in noi). Quell’immagine che ci permette una conoscenza, una attività cognitiva, un modello della realtà, e infine un’etica. Se vogliamo la guerra infrange lo specchio, tutti gli specchi, e riducendo il mondo a frantumi, lo rende inconoscibile — non a caso si usa dire che la prima vittima della guerra è la verità – inabitabile e inospitale. Inoltre la strategia, il pensiero della forza sottomette la vita alla necessita della morte, e la costruzione alla distruzione. Ho tentato di raccogliere i frammenti, per costituire un mosaico di parole che permettesse di sfuggire alla necessità rappresentata dalla guerra, e di accedere alla libertà, sia pur confinata sulla pagina. In qualche modo un breviario di pensieri, anticorpi contro l’epidemia che rischia di infettare ognuno di noi. Aggiungo: la libertà si coniuga oggi quasi necessariamente con la critica, la dissidenza, la resiste1za, la disobbedienza civile verso la logica e il dominio della guerra, che restringe la democrazia e tenta di militarizzare la società civile. Per questo il libro si conclude con un diario da Genova, quando mori Carlo Giuliani ragazzo, democratico e ribelle; e trecentomila persone hanno criticato, resistito, disobbedito. Molti testi sono citazioni che ho sradicato dal loro contesto. Se si vuole ho trattato le pubblicazioni da cui le traevo alla stregua di un vocabolario. Gli autori delle citazioni non sono quindi in calce alle stesse, bensì nell’indice finale. Perle poesie ho addirittura distrutto la metrica, il ritmo dei versi, allineandoli in prosa. Spesso ho accorpato vari blocchi di uno stesso autore con la tecnica del patchwork. Una operazione di violenza linguistica che, per fortuna, non ha cancellato del tutto la bellezza. Il fatto è che ero interessato soprattutto al pensiero e all’etica, e meno all’estetica; pur sapendo che il bello e il buono, nella polis, vanno o dovrebbero andare di pari passo, ispirando la politica appunto.

Nel tempo intercorso tra scrittura e pubblicazione c’è stata l’invasione angloamericana dell’Iraq, con la caduta di Saddam. Il che rende questo libro in un certo senso vecchio. Resta da vedere se come per il buon vino, l’invecchiamento lo ha reso migliore, o se invece è diventato aceto. Comunque certa è la qualità del movimento per la pace e la convivenza civile. Per molti mesi milioni di persone, ciascuna con le sue idee anche assai diverse, si sono mobilitate nelle maniere più varie, quasi ogni giorno e ovunque. Si è detto oltre 100 milioni, il 15 febbraio 2003. Che hanno affermato: la guerra non è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Che hanno bandito la guerra dal consesso civile. Che hanno decretato: la guerra e fuori legge. Tutti questi cittadini dei mondo, donne e uomini, hanno costruito uno spazio globale pubblico e democratico di pace, dove il conflitto non scompare ma viene agito nelle lotte civili e nella convivenza.

La questione che si pone ora è se le armi della politica intesa come etica della convivenza civile, riusciranno a disarticolare e sconfiggere le forze delle armi, che sono molte e assai potenti. Possono distruggere tutto; costruire solo il dominio. Con l’Europa in parte grande schierata sul fronte della convivenza civile e democratica. L’Europa che inventò liberté, legalité, fraternité. E la lotta partigiana contro i nazisti. L’Europa che uscì dalla seconda guerra mondiale con decine di milioni di morti e due convinzioni profonde: mai più Auschwitz mai più guerra. Altrimenti la guerra globale, che per ora esplode qua e là, che è già nell’orizzonte di tutti e informa di se, o vorrebbe, ogni attività umana, questa guerra rotolerà come una valanga fino alla guerra mondiale dispiegata: a rischio dell’intera terra, e di tutte le sue forme viventi. E’ la questione del nostro secolo, che ci accompagnerà per anni e decenni, una partita vitale per l’intera umanità.

Infine ringrazio Beppe Ramina, amico carissimo che in veste di giornalista de il Domani ha con la sua implacabile ironia, contribuito a ridurre il tasso di retorica. E’ Paolo Umiltà redattore de Il Mulino, il quale si è a volte tanto arrabbiato per le cose che venivo scrivendo, da darmi la sensazione che non fossero del tutto insignificanti.

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