Intervista a Valdo Spini

Le ragioni di una scelta di campo

 

Quali sono i motivi di fondo che l’hanno condotto alla decisione morale di impegnarsi per la giustizia sociale?

Per la mia generazione – spiega Spini – la politica era l’attività altruistica più elevata che si potesse compiere, eccettuata la vocazione religiosa. Questo era il dato di fondo che mi era stato instillato nella mia famiglia, segnata dall’esperienza del Partito d’Azione e dalla lotta di Liberazione. A me non sembrava possibile che questi valori potessero essere messi in causa. E in ogni caso mi sembrava giusto reagire. Acquistai l’età della ragione a quattordici anni, al tempo del luglio ‘60. Fui uno dei “ragazzi con la maglietta a strisce” che andarono a dimostrare contro il governo Tambropni. Subito dopo aderii ad un’associazione giovanile per lo più di studenti medi, guidata dal compianto Alberto Scandone che si chiamava “Nuova Resistenza” e che si proponeva di unire tutti i giovani antifascisti. Poi lessi sull’Avanti! che era sta ricostituita la FGSI (1a Federazione Giovanile Socialista del PSI) e mi iscrissi.

 

Se dovesse proporre una tavola dei valori morali, e delle figure di riferimento della tradizione del socialismo democratico italiano da portare nel nuovo secolo, quali idee e quali uomini e donne indicherebbe?

Molte cose sono cambiate, ma anche nel nuovo secolo c’è un grande bisogno di solidarietà, di valori analoghi a quella grande religione laica che animò i Prampolini e i Massarenti, e di cui Filippo Turati, Claudio Treves e Anna Kuliscioff  furono i leaders politici. Più recentemente vedo Sandro Pertini, Pietro Nenni, Riccardo Lombardi tra gli uomini che vivevano il socialismo come grande passione politica ed etica e che difesero il Partito anche se ormai questo era diventato minoritario nella sinistra. Ricordiamoci del resto che il vecchio Pci voleva fare politica in modo scientifico e razionale. Il vecchio Psi era profondamente attraversato dall’elemento passionale e, quindi, anche etico. Oggi il problema della solidarietà degfli antichi apostoli del socialismo italiano è non solo nazionale, è internazionale, ma è tuttora attuale.

 

Qual è la sua opinione sulla proposta di inserire nella Costituzione Europea un riferimento alle sue “radici cristiane”?

Credo che il testo sostanzialmente vada bene così com’è. Vi è infatti nel preambolo un riferimento alle eredità culturali religiose e umanistiche dell’Europa. Vi è all’articolo 51 la previsione di un dialogo strutturato con le Chiese. Vi è il pieno riconoscimento dell’autonomia delle singole nazioni nella disciplina dei rapporti Stato-Chiese. Sono acquisizioni importanti. Mettere un bollo cristiano o giudaico-cristiano, magari anche con la menzione dell’eredità greco-romana, mi sembra in definitiva controproducente. Avrebbe piacere un cristiano che si trova in un paese in cui i cristiani sono minoranza, di avere sulla Costituzione il sigillo di un’altra religione? Certamente no. E non è meglio allora per il cristiano predicare libertà tolleranza, laicità delle istituzioni, piuttosto che affermare una sua maggioranza laddove gli è possibile.

 

Lei, che fu tra i primi a sollevare la \”questione morale\” della trasparenza nel finanziamento ai partiti, cosa pensa dei recenti tentativi di rivalutare l’operato politico di Bettino Craxi, avanzati da destra e da sinistra?

Ho visto il cartoncino d’invito di un convegno convocato in questo senso per il 17 novembre dalla Fondazioni Italiani-Europei su Craxi ed alti e iniziative in cui mi sembra che siano presenti molti dei protagonisti della vicenda della sinistra negli anni ‘80 e ’90 ma nessuno di quelli che sollevarono per tempo la questione morale – e non certo per affossare il PSI, ma per prevenirne la crisi. Mi sembra un modo sbagliato per cominciare un esame spassionato e approfondito di quel periodo. Quanto a Craxi è stato un uomo politico di grande statura, io stesso ho sperato in una sua funzione “mitterandiana” in Italia. Bisogna anche dire che si trovò di fronte un Pci che, al massimo della sua forza, chiese alla Dc un governo monocolore! La sua sconfitta si deve peraltro a due sue mancate capacità di comprendere la realtà! La prima riguardava la questione morale. La seconda, la caduta del muro di Berlino, che toglieva al Psi quella posizione di rendita alla frontiera della maggioranza di governo che gli aveva valso l’appellativo di Ghino di Tacco. Sì, la sua sconfitta fu non solo sul piano morale ma anche sul piano politico. Il che non toglie che abbia avuto il coraggio di scelte anticipatrici.

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